lunedì 8 ottobre 2012

La Curva Sud per Ago



IL ROMANISTA (M. MACEDONIO) - C’è il viso di Agostino – una silhouette nera su fondo bianco - su quella grande bandiera dai bordi gialli e rossi, che giganteggia davanti alla curva Sud. Sì, davanti, perché un gruppo di tifosi l’ha appena consegnata nelle mani diFranco Tancredi, che di Ago fu amico prima ancora che compagno di squadra. La fa sventolare, il portiere del secondo scudetto, ma è come se idealmente se la passassero di mano l’un l’altro, i campioni che compongono la Hall of Fame 2012. È forse il momento più emozionante dell’intera cerimonia. Quella che ha visto premiare, sul terreno dell’Olimpico, gli undici giocatori che a giudizio dei tifosi meritano di rappresentare la storia della Roma, almeno in questa prima edizione del riconoscimento. Ancora una volta è Paulo Roberto Falcao (che raccoglie e si mette al collo una sciarpa che gli viene lanciata dai tifosi) a dirigere in campo.
Pochi gesti, come sempre. E’ lui infatti che, mentre gli altri stanno rientrando negli spogliatoi dal sottopassaggio accanto alla Monte Mario, richiama Marisa, la moglie di Agostino, e la invita a tornare lì sotto la curva. Hanno deciso di regalargliela, quegli stessi tifosi, quella bandiera, nel ricordo di chi una bandiera, per questi colori e generazioni intere di tifosi, lo è stato dal primo all’ultimo giorno della sua vita. Si chiude con quest’abbraccio, tra la Sud e alcuni tra i suoi campioni di sempre, una cerimonia che era iniziata poco prima delle 11, ma che aveva visto il pubblico arrivare allo stadio ben prima dell’orario di apertura dei cancelli, alle 10.15. Quando lo speaker annuncia l’ingresso in campo di tanti tra i giocatori che, pur non rientrando tra gli undici eletti, hanno comunque rappresentato tanta parte della storia di questa società, onorandone con le proprie gesta la maglia, sugli spalti ci sono però ancora larghi spazi vuoti. Ed è un peccato, perché ciò che in altri Paesi vedrebbe il pieno di pubblico, a qualsiasi ora del giorno, qui fatica ancora ad affermarsi.
La Roma può comunque vantarsi di essere la prima società in Italia ad aver fermamente voluto un’iniziativa del genere, almeno nei modi in cui è stata concepita e articolata, a partire dal coinvolgimento diretto dei tifosi. Un’occasione per celebrare la propria storia, attraverso gli uomini che ne sono stati gli artefici principali, ed accrescere ancora di più il senso di appartenenza di un intero popolo, quello giallorosso, a questa maglia e a questi colori. La prima “chiamata” vede entrare tanti di quei protagonisti, quasi a rappresentare i vari decenni che si sono susseguiti. Ci sono il nipote di Attilio Ferraris e il figlio di Sergio Andreoli, ma anche Luciano Panetti, indimenticato portiere della seconda metà dei Cinquanta. 

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