(fonte Il Corriere dello Sport) - La Corte Sportiva di Appello della Figc ha respinto il ricorso della Roma sul caso Diawara. Confermata dunque la sentenza del giudice sportivo che aveva assegnato il 3-0 a tavolino a favore del Verona.
Fienga: "Sentenza ingiusta"
«Preso atto della Decisione della Corte Sportiva Appello Figc - pur con il doveroso rispetto dei magistrati sportivi che hanno deliberato in tal senso, dopo una evidentemente lunga e dibattuta Camera di Consiglio - non posso non esprimere tutta la mia amarezza per una sentenza che reputo profondamente ingiusta». L'amministratore delegato della Roma, Guido Fienga, in una lunga dichiarazione all'ANSA, manifesta grande delusione per la sentenza della Corte sportiva di appello che ha respinto il ricorso giallorosso per la vicenda Diawara in occasione della partita col Verona.
«Si è persa un'occasione - spiega Fienga - per intervenire e modificare un'evidente lacuna normativa, ma soprattutto non si è voluto evitare che venisse comminata una sanzione palesemente sproporzionata rispetto al fatto commesso. Abbiamo fatto il massimo depositando un ricorso di grande importanza, che proponeva una soluzione giuridica che avrebbe permesso un giusto riesame di equità su questa norma che non distingue l'errore dal dolo. Riservandoci di analizzare ulteriori nostre azioni - allo stato - ci limitiamo a prendere atto che si è semplicemente deciso per una drastica chiusura a qualsiasi ipotesi di revisione di tale norma che riteniamo iniqua e ingiusta».
La decisione: il comunicato integrale
La conferma è arrivata direttamente dalla Figc:
LA CORTE SPORTIVA D’APPELLO NAZIONALE I SEZIONE composta dai Sigg.ri: Lorenzo Attolico Vice Presidente; Maurizio Borgo Componente relatore; Alfredo Maria Becchetti Componente; Franco Granato Rappresentante A.I.A.
ha pronunciato la seguente DECISIONE sul reclamo numero RG 001/CSA/2020-2021, proposto dalla Società A.S. Roma S.p.A., avverso decisioni merito gara Hellas Verona/Roma del 19.09.2020, rappresentata e difesa dall’Avv. Antonio Conte; per la riforma della decisione Giudice Sportivo della Lega di Serie A di cui al Com. Uff. n. 32 del 22.9.20. Visto il reclamo e i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza tenutasi in videoconferenza il giorno 9.11.2020 l’Avv. Borgo e uditi gli avvocati Antonio Conte per la Società A.S. Roma S.p.A. e Stefano Fanini per la Società Hellas Verona S.p.A., nonché il Direttore Generale della ricorrente, dott. Guido Fienga; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO Con atto, spedito in data 22.9.20, la Società A.S. ROMA S.p.A. preannunciava la proposizione di reclamo avverso la decisione del Giudice Sportivo della Lega di Serie A (pubblicata sul C.U. n. 32 del 22.9.20 della predetta Lega) con la quale, a seguito della gara HELLAS VERONA-ROMA, disputatasi in data 19.9.2020, era stata irrogata, a carico della Società reclamante, la sanzione della perdita della predetta gara con il punteggio 0-3. Con successivo atto, spedito in data 23.9.2020, la Società A.S. ROMA S.p.A. provvedeva a trasmettere il preannuncio di reclamo anche alla Società HELLAS VERONA FC S.p.A. A seguito della trasmissione degli atti di gara da parte della Segreteria di questa Corte, la Società A.S. ROMA S.p.A. faceva pervenire, tempestivamente, i motivi di reclamo.
A sostegno dell’impugnazione diretta ad ottenere l’annullamento della sanzione, la ricorrente ha dedotto alcuni motivi. La Società HELLAS VERONA FC S.p.A., che aveva richiesto la trasmissione di copia degli atti ufficiali di gara, faceva pervenire, in data 5.10.2020, le proprie controdeduzioni al ricorso avversario, chiedendone il rigetto. L’udienza di discussione, a seguito di due successive istanze presentate dalla A.S. Roma, veniva da ultimo rinviata alla data odierna.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Del tutto inammissibile è la richiesta istruttoria, formulata dalla Società reclamante, di ascoltare il team manager della A.S. ROMA S.p.A., sig. Gianluca Gombar, atteso che lo stesso sarebbe chiamato a riferire su di una circostanza fattuale (il colloquio con il delegato della Lega Calcio di Serie A sull’alert generato dal sistema informatico in ordine all’inserimento nella distinta della gara HELLAS-VERONA-ROMA del 19.9.2020 del calciatore DIAWARA Amadou) del tutto irrilevante, atteso che è pacifico, essendo stato ammesso dalla stessa società reclamante, la violazione delle disposizioni di cui al C.U. n. 83/A del 20.11.2014. Ciò posto, il Collegio non può non rilevare e sottolineare la circostanza sopra già evidenziata ovvero che la stessa A.S. ROMA S.p.A. ha ammesso di aver violato le regole di cui al C.U. n. 83/A, non avendo inserito il calciatore, DIAWARA Amadou, nell’elenco dei 25 giocatori, inviato a mezzo PEC alla Lega il 14.9.2020. Ciò posto, questa Corte non può che ribadire quanto affermato nel proprio precedente di cui al C.U. n. 030/CSA del 18.10.2016 (confermato dal Collegio di Garanzia dello Sport del CONI, Sezione Prima, con decisione n. 6 del 2017), ovvero che l’art. 4 del C.U. n. 83/A prevede, espressamente, che, per utilizzare un calciatore, la relativa comunicazione deve pervenire alla Lega a mezzo PEC entro le ore 12:00 del giorno precedente la prima gara di campionato.
Il Collegio di Garanzia dello Sport del CONI ha rilevato che la lista di 25 giocatori utilizzabili in campionato, di cui almeno quattro formati nel club e almeno quattro formati in Italia (C.U. n. 83/A del 20.11.2014), è fondamentale per la tutela del vivaio nazionale, con le modalità e con le tempistiche di trasmissione alla Lega di Serie A, e con la conseguenza che il calciatore, DIAWARA Amadou, non poteva essere schierato in campo in occasione dell’incontro di calcio HELLAS VERONA-ROMA, disputatosi in data 19.9.2020. Il punto 8) del C.U. n. 83/A del 20.11.2014, infatti, prevede, espressamente, che
“E’ fatto divieto ai calciatori non inseriti nell’elenco dei 25 calciatori di partecipare a gare di campionato nel periodo di validità dell’elenco stesso”. Il punto 9) del predetto C.U. prevede, sempre espressamente, che “L’utilizzo in una gara di campionato di un calciatore non inserito nell’elenco dei 25 calciatori ….. comporta, per la società responsabile, la sanzione della perdita della gara ai sensi dell’art. 17, comma 5, lett. a) del Codice di Giustizia Sportiva (ora art. 10, comma 6, lett. a) del nuovo Codice di Giustizia Sportiva), non avendo tale calciatore titolo alla partecipazione alla gara”. La sanzione della perdita della gara, in caso di partecipazione di un atleta non inserito nella lista dei 25, prevista espressamente al punto 9) del C.U. n. 83/A del 20.11.2014 deve essere considerata, per usare le parole del Collegio di Garanzia dello Sport del CONI, usuale, nonché espressamente prevista dall’ordinamento sportivo, senza la possibilità di graduazione della pena prevista; l’inserimento nella lista dei giocatori, che deve rispettare le proporzioni di partecipazione (25 nomi), costituisce elemento essenziale per fare conoscere alle altre consorelle partecipanti i giocatori contro i quali si misureranno, nel rispetto dei principi di lealtà sportiva e, soprattutto, delle regole alle quali tutti devono uniformarsi. In caso contrario, si realizzerebbe una confusione sulla composizione delle rose; la relativa sanzione prevista dal punto 9) del C.U. n. 83/A, lex specialis rispetto alle altre norme, rispetta sia il principio di ragionevolezza, sia il principio della proporzionalità della stessa sanzione, costituendo il mancato inserimento di un calciatore nella lista dei 25 una situazione del tutto equiparata, per espressa disposizione federale, alla posizione irregolare di un calciatore (il punto 9) del C.U. n. 83/A del 20.11.2014 si esprime, inequivocabilmente, nel senso che il calciatore non inserito nella lista dei 25 non ha “titolo alla partecipazione alla gara”).
Trattasi, pertanto, di evento grave, il cui trattamento sanzionatorio non può essere gradato né dal Giudice Sportivo né da questa Corte. Non può, peraltro, giovare alla Società reclamante il richiamo all’istituto dell’errore né al principio di buona fede, atteso che il C.U. n. 83/A, che regola la materia che ci occupa, è in vigore dal 2014 e che l’alert generato dal sistema informatico della Lega di Serie A, al momento dell’inserimento in distinta del calciatore DIAWARA avrebbe dovuto indurre la Società reclamante alla massima cautela che avrebbe dovuto spingersi alla non utilizzazione del calciatore.
Da ultimo, si evidenzia che la chiara lettera delle disposizioni di cui al C.U. n. 83/A del 20.11.2014, più sopra richiamate, in uno all’esistenza di un precedente giurisprudenziale di questa Corte, confermato dal Collegio di Garanzia del CONI, rende del tutto infondata, al di là dei dubbi profili di ammissibilità della stessa di cui più oltre, la richiesta di sospensione del presente giudizio, con conseguente sottoposizione di una questione interpretativa sul punto alla sezione consultiva della Corte Federale d’Appello. Sul punto, è, ad ogni buon conto, opportuno precisare che la sezione consultiva della Corte d’Appello Federale: (i) non ha, comunque, poteri giurisdizionali e, pertanto, non rientra nel sistema del procedimento sportivo in senso stretto, con la facoltà delle parti o di altra Corte di adirla; (ii) come precisato dall’art.98, comma 2, lettera “d”, del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, si pronuncia, interpretando le norme statutarie e le altre norme federali, “sempre che non si tratti di questioni all’esame di altri organi di giustizia sportiva”. In relazione, infine, alla decisione del Consiglio di Stato n. 5514/13, richiamata dalla Società ricorrente e trasmessa in copia nell’imminenza dell’udienza, è appena il caso di rilevare che la stessa risulta precedente sia alla riforma della giustizia sportiva, da parte del CONI del 2014, sia a quella del Codice Giustizia Sportiva della FIGC del 2019. Orbene, se, anche alla luce del precedente del Consiglio di Stato, vi fosse stata la volontà, da parte dell’ordinamento sportivo e federale, di riservare alle parti di un procedimento (o ad un altro organo del sistema della Giustizia Sportiva della FIGC) la facoltà di adire la sezione consultiva della Corte Federale d’Appello, le relative norme l’avrebbero senz’altro previsto.
In mancanza di una siffatta previsione, è di tutta evidenza che tale potere resti riservato, esclusivamente, al Presidente Federale, per come, peraltro, affermato dall’allora Corte di Giustizia Federale – sezione consultiva con la decisione di cui al C.U. n. 111/CGF del 16.12.2011 nella quale, a fronte di una istanza volta a richiedere l’interpretazione di disposizioni dell’ordinamento federale da parte di una Società di calcio, è stato statuito che “non sussistono le condizioni indispensabili per esprimere un parere, in mancanza della richiesta presidenziale (articolo 34, comma 10, lett. e) Statuto F.I.G.C.)”. Ancor più infondata è la richiesta, formulata dalla società ricorrente, che questa Corte disapplichi il punto 9) del C.U. n. 83/A del 20.11.2014 o ne dia un’interpretazione che sarebbe, chiaramente, contra legem.
P.Q.M.
respinge il reclamo in epigrafe. Dispone la comunicazione alle parti presso i difensori con PEC.
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