giovedì 6 settembre 2012

Ancelotti: "Totti è un fenomeno"


GASPORT (A. SCHIANCHI) - «In che lingua parliamo? Italiano, inglese, francese... Ormai sono poliglotta, il mondo non ha segreti per me. E me la cavo bene pure con lo spagnolo... Certo che per uno nato e cresciuto a Reggiolo, provincia di Reggio Emilia, di strada ne ho fatta, eh?». Carlo Ancelotti è sempre il solito: voglia di scherzare, battuta pronta, ironia a mille. Visibilmente dimagrito, con un ciuffetto che (con molta immaginazione!) lo fa un po' George Clooney, si consegna alle strette di mano e agli abbracci dei colleghi prima del convegno Uefa di Nyon. Tutti gli pronosticano un lungo cammino in Champions League, lui ringrazia e ribatte: «Ecco, vedete: siccome abbiamo speso tanti soldi siamo favoriti. Ma il calcio non è mica così, ci vuole tempo per assemblare una squadra, i giocatori devono imparare a conoscersi. Non è mica semplice, credetemi».
Signor Ancelotti, però ammetterà che gli sceicchi le hanno messo in mano una Ferrari.
«E difatti li ringrazio. E farò di tutto per vincere. L'obiettivo è chiaro: conquistare lo scudetto in Francia, superare il girone in Champions League e poi chissà...».
 
Che cosa manca al Psg per arrivare sul tetto d'Europa?
«A livello tattico non siamo ancora equilibrati. Ma il lavoro principale da fare riguarda l'aspetto psicologico. Dobbiamo tutti aver voglia di dimostrare che siamo forti, dobbiamo stupire la gente».
 
In campionato avete cominciato maluccio.
«Normale. Ma ora le cose le abbiamo sistemate».
 
Che impressione le ha fatto Ibrahimovic?
«Molti lo giudicano arrogante, ma non è affatto così. Gli piace scherzare, fare battute. A me ricorda un po' Pirlo. All'esterno giunge un'immagine che non corrisponde alla realtà».
Ogni tanto, però, si arrabbia.
«E chi non lo fa? Ibra è uno schietto, ti dice le cose in faccia. A me piacciono i tipi così. Però è anche molto rispettoso dei ruoli. Insomma, io lo vedo come un grande trascinatore, ha motivazioni e può essere l'uomo-faro del gruppo».
 
Le dà fastidio essere l'allenatore dei Paperoni d'Europa?
«No, tutti parlano dei soldi, ma nessuno pensa al progetto ambizioso del Psg. Credete che Ibra, Thiago Silva, Lavezzi e compagnia siano venuti a Parigi per i soldi? Guardate che guadagnavano lo stesso stipendio anche da altre parti... Sono venuti da noi perché hanno sposato la causa e questa è la cosa più importante. Anch'io ho accettato di allenare il Psg per il progetto, mica per lo stipendio. Quello lo prendevo da Abramovich senza lavorare...».
 
Parliamo di Champions League: la favorita?
«Due: Barcellona e Real Madrid. Il Barcellona è forte anche senza Guardiola, però li ho visti meno aggressivi e un po' più disattenti in difesa. Insomma, mi sembrano più vulnerabili rispetto al passato».
 
Possibili sorprese?
«Lo Zenit di Spalletti e il Manchester City del Mancio, anche se è capitato in un girone di ferro con il Real Madrid».
 
E Milan e Juve?
«Il calcio italiano, a causa della crisi economica, sta vivendo una fase di transizione».
 
Vabbè, non la prenda alla larga. Che dice di Milan e Juve?
«Il Milan tocca ad Allegri sistemarlo dopo gli ultimi acquisti. Nel dna del club c'è la Champions più del campionato, questo non va mai dimenticato. La Juventus, in Europa, può stupire. Ha un gioco basato sulla velocità e sull'intensità, l'anno scorso ha vinto lo scudetto anche perché aveva un solo impegno, vedremo come reagirà al cambiamento. Non è facile gestire due competizioni. Comunque la Juve, nell'ultima stagione, mi ha davvero impressionato e il merito sta in tre nomi: Conte, Pirlo e Agnelli. Il presidente l'ho conosciuto quando ero alla Juve e si vedeva che sarebbe diventato un grande dirigente».
 
Quali proposte farà al convegno Uefa degli allenatori?
«Panchina lunga in Champions League, come stanno facendo in Italia. E poi vorrei chiedere una modifica del regolamento: basta con l'espulsione del portiere quando commette un fallo da rigore. Non è possibile, gli dai il rigore contro, lo espelli e poi che cosa vogliamo anche ammazzarlo?».
 
Il calcio italiano è in crisi?
«Ma non scherziamo! L'Italia è arrivata seconda all'Europeo! Semmai la mancanza di soldi sta indicando una nuova strada da percorrere. Ora si lanciano i giovani. Più per necessità che per effettivo convincimento, ma va bene lo stesso. Io guardo con interesse Destro, El Shaarawy, Borini che è andato al Liverpool e mi coccolo Verratti al Psg».
 
È il nuovo Pirlo?
«È un po' diverso, gioca più sul corto, è meno lanciatore, ma dovreste vederlo nello stretto: fantastico!».
 
Là dietro, con Thiago Silva, ha blindato il Psg.
«È il miglior difensore del mondo».
 
Esagerato...
«No, dico la verità. Nessuno ha la sua attenzione, la sua velocità, il suo stacco di testa, il suo senso dell'anticipo. È sulla strada per diventare il nuovo Maldini, gli manca soltanto un po' di personalità, ma quella la acquisirà con il tempo».
 
Ha seguito la vicenda Pato, il nuovo infortunio, le polemiche?
«Sì e mi dispiace tantissimo per lui. Io credo che tornerà ad altissimi livelli e vedrete che stupirà tutti».
Ma è sempre rotto, come mai?
«Questo non lo so, però so che quando lo acquistammo nel 2008 conoscevamo i rischi».
 
Si spieghi meglio.
«Pato era ed è velocissimo. Normale che possa avere guai muscolari uno che corre tanto forte».
 
Ritorni per un attimo in Italia.
«Perché? Sto bene a Parigi...».
 
Ma no, che ha capito? Si tratta di valutare le squadre in prospettiva scudetto...
«Allora facciamo in fretta: la Juve è la favorita. E poi dietro vedo alla pari Milan, Inter, Roma e Napoli».
 
La Roma ha già «pettinato» l'Inter: un segnale?
«Non so, mi hanno detto che Totti ha fatto il fenomeno».
 
Verissimo.
«Pazzesco, a 36 anni gioca con l'entusiasmo di un ragazzino. Grande Totti».
 
Anche a Parigi saranno giunti i rimbombi del calcioscommesse. Che ne pensa?
«C'è poco da fare, l'Italia ogni tanto ricade nella tentazione. Credo si tratti di un problema culturale».
 
E del caso Conte che idea si è fatto?
«Conosco bene Antonio perché l'ho allenato quando ero alla Juve. Non so che cosa ci sia di vero nei suoi confronti, so però che la giustizia va rispettata altrimenti finisce tutto a tarallucci e vino».
 
Il Psg l'ha conquistata con il progetto, e anche con i soldi ovviamente. E Parigi come l'ha conquistata?
«Con il pane».
Cioè?
«Il pane che si mangia a Parigi non si mangia in nessun'altra parte del mondo».
 
Lei preferisce il pane alla Tour Eiffel o al Louvre?
«Ma no, però il pane lo mangio tutti i giorni e al Louvre ci vado una volta al mese... C'è differenza».
 
Vabbè, ma sulla Tour Eiffel ci sarà andato...
«Mai, l'ho sempre vista soltanto da sotto. E ogni volta mi emoziono. Penso a chi l'ha costruita, a come hanno fatto nel 1889, a fare una cosa del genere. Una meraviglia! E poi conosco tutta la storia della torre, volete che ve la spieghi?».
 
No, grazie, andiamo sulla fiducia.
«Ma se vinco qualcosa d'importante con il Psg, e secondo me lo vinco, allora ci salgo sopra. Promesso».

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