IL ROMANISTA (M. MACEDONIO) - E’ come sempre un’analisi lucida e puntuale quella che l’avvocatoMario Stagliano, anche in qualità di ex vice capo dell’ufficio indagini della Figc, fa di quanto accaduto alla vigilia di Cagliari-Roma, e che ha determinato l’impossibilità di disputare l’incontro, in programma ieri alle 15, a porte chiuse, allo stadio Is Arenas di Quartu Sant’Elena.
«Per quanto riguarda il profilo sportivo – sostiene l’avvocato – è la prima volta che si verifica un fatto del genere. A mio parere, ci sono aspetti della vicenda che vanno sottolineati. Cominciamo col dire che nel momento in cui ci si iscrive ad un campionato, si deve dichiarare su quale campo si disputeranno le proprie partite. Da quanto so, il Cagliari lo ha fatto indicando lo stadio di Trieste. Mi risulta poi che, dietro autorizzazione della Lega, è stato possibile, anche alla luce di quell’indicazione, che le partite potessero essere disputate, sia pure a porte chiuse, su questo campo alla periferia di Cagliari. E’ stato così per l’incontro con l’Atalanta, e lo sarebbe stato anche per quello con la Roma. E fin qui, tutto chiaro e lineare. Non ci siamo invece nel momento in cui le autorità preposte – ovvero l’Autorità di Vigilanza competente per la provincia di Cagliari e l’Osservatorio antiviolenza presso il Ministero degli Interni – non danno l’autorizzazione all’accesso del pubblico in un impianto che, per ragioni che ignoro ma che coloro che hanno la competenza avranno ben valutato, non ha i requisiti per ospitarlo, e a questo fa seguito qualcosa che non saprei nemmeno come definire se non una scheggia impazzita. Mi riferisco al comunicato di sabato da parte del Cagliari, che ha messo il Prefetto di fronte ad una situazione nuova. Da qui la valutazione che non vi fossero più le condizioni per far disputare la gara, e la conseguente decisione di non farla giocare. Apparentemente, sembrerebbe un intervento dell’Autorità in tema di pubblica sicurezza, da cui le classiche “cause di forza maggiore” che determinano il rinvio ad altra data. In realtà, il tutto è stato originato dalla “scheggia impazzita” di Cellino.
Tali motivi di ordine pubblico, infatti, non vi sarebbero mai stati se il presidente del Cagliari non avesse detto ai propri tifosi di andare comunque allo stadio, con il biglietto o l’abbonamento, a vedere la partita. E’ evidente che il Prefetto non ha potuto non adottare sabato sera il provvedimento che sappiamo. In questo caso è infatti applicabile il numero 1 dell’articolo 17, che dice che “la società è ritenuta responsabile, anche oggettivamente, di fatti o situazioni che abbiano influito sul regolare svolgimento di una gara, o ne abbiano impedito la regolare effettuazione”, punendola con la perdita della gara. A mio modo di vedere, è pacifico che si dovrebbe – uso il condizionale, perché con la giustizia sportiva è sempre, assolutamente doveroso – applicare quanto detto. Questo per quanto riguarda l’aspetto strettamente sportivo. A cui mi sento comunque di aggiungere una riflessione: se un tifoso accende un fumogeno o scavalca una recinzione, si prende un Daspo, come minimo di tre anni. Normalmente. Mi aspetto quindi che - sotto il profilo amministrativo, poiché penalmente non vedo nulla di rilevante – il Questore di Cagliari firmi stasera un Daspo nei confronti del presidente Cellino.
Il Codacons intende presentare un esposto per istigazione a commettere un reato? Ne prendo atto. Quanto all’informativa che la Questura ha inviato alla Procura della Repubblica riguardo all’invito del Cagliari ai propri tifosi, è chiaro che debba essere presa in considerazione, anche perché trattandosi di una struttura amministrativa, ha l’obbligo di segnalare quanto accaduto al fine di valutare se vi sia stato reato o meno. Per quanto riguarda la Roma, ritengo che al preannuncio di ricorso farà seguire il reclamo vero e proprio, da inviare per gli atti al giudice sportivo. Che potrebbe non decidere domani (oggi, ndr), perché ove non disponesse ancora di tutta la documentazione, potrebbe chiedere alla procura federale di fare un’indagine su quanto accaduto, e quindi sospendere la decisione. Così come, se entro domani, per vie ufficiali – dall’arbitro al Prefetto – dovesse invece acquisire tutti i documenti, potrebbe già decidere. E qui le possibilità sono due: o la sconfitta a tavolino o il rinvio della gara ad altra data. Di certo, trattandosi di una decisione, quella del Prefetto, che scaturisce soltanto dal comportamento del presidente del Cagliari, non adottare la prima soluzione creerebbe un precedente gravissimo. Penso infatti che se ad impedire la partita fosse stata una manifestazione dei lavoratori del Sulcis, che forse avrebbero anche i loro buoni motivi per farlo, avremmo potuto parlare di cause di forza maggiore. Ma, come detto, non è certo questo il caso».
Nessun commento:
Posta un commento