Uno dei più grandi calciatori serbi di sempre, uno che costrinse un certo Dejan Savicevic a giocare con la 9, sia nel club che nella nazionale della Jugoslavia, perché il 10 era suo, uno che fece tremare il grande Milan di Sacchi, rischiando di interrompere sul nascere la parabola di una delle più grandi squadre di sempre. Eppure, nonostante ciò, la sua parentesi in Italia è stata da completa meteora. Il giocatore in questione è Dragan Stojkovic, campione dello Stella Rossa, flop al Verona. La sfortuna, in verità, ci ha messo parecchio del suo sotto forma di infortuni.
Dragan, per gli amici Pixie, come il topolino del celebre cartone animato, come molti slavi ha grande estro. Il suo però è di parecchio superiore alla media, esordisce nemmeno maggiorenne nel Radnički e poi a 21 anni passa allo Stella Rossa, principale squadra del paese. Sin dalla prima stagione si dimostra un crack: 17 reti il primo anno, poi 15, 12 e 10. Fa incetta di titoli, vince per due volte il premio come miglior jugoslavo dell'anno, trascina i suoi al titolo. Siamo nell'autunno 1988 e in Coppa dei Campioni lo Stella Rossa viene sorteggiato per il secondo turno col Milan. All'andata a San Siro segna la rete dell'illusorio 1-0, prima che Virdis pareggi immediatamente. Il ritorno al Marakana di Belgrado passerà alla storia per la nebbia provvidenziale che salverà il Milan da una certa eliminazione. Si rigioca il giorno dopo, il Milan va avanti con van Basten e ancora lui, Dragan Stojkovic colpisce: è 1-1 e partita che verrà decisa ai rigori e vinta dalla squadra di Sacchi.
Nell'estate del 1990 gli italiani possono ammirare ancora il numero 10, che ai mondiali trascina la Jugoslavia ai quarti di finale: memorabile la doppietta con la quale spazza via la favorita Spagna. La rassegna iridata lo porta ad essere ingaggiato a suon di franchi dal Marsiglia di Bernard Tapie. Ed ecco che la tappa francese sarà decisiva, in modo negativo, anche per quello che succederà in Italia: Stojkovic si infortuna gravemente al ginocchio, viene operato, salta gran parte del torneo, collezionando appena 11 presenze. A fine stagione il Marsiglia, che intanto può sfoggiare grandi campioni, decide di poter fare a meno del serbo, fiutando probabilmente come l'infortunio subito ne abbia definitivamente condizionato il rendimento. Il Verona nell'estate del 1991 ritorna in Serie A dopo un anno di purgatorio: il giovane presidente Stefano Mazzi decide di fare un regalo ai tifosi scaligeri sganciando ben 10 miliardi di lire e portando in Veneto il grande fantasista. Con lui dietro la promessa Florin Raducioiu e la rivelazione dell'anno prima Claudio Lunini i tifosi sognano. Invece va a finire come i dirigenti marsigliesi avevano immaginato: il giocatore è costante vittima di infortuni, sta a lungo fermo ai box. Cade, si rialza e ricade. Quando gioca non incanta, ha l'occasione di sbloccarsi sotto rete calciando i rigori ma riesce a sbagliarne due su due. Alla fine segna un gol, a stagione praticamente compromessa, contro l'Ascoli. Come se non bastasse oltre a Stojkovic sono ben altri a fallire, come lo stesso Raducioiu, capocannoniere della serie "Questo lo segnavo anch'io" riservato ai giocatori capaci di mangiarsi il maggior numero di facili occasioni da gol. Il Verona torna mestamente in Serie B e oltre il danno esce fuori la beffa. Sì, perché gli scaligeri prima di prendere Stojkovic avevano in mano un giovane argentino che sarebbe costato in tutto tre miliardi. Affare che non si fece più perché all'epoca si potevano tesserare solo tre stranieri e con lo svedese Prytz già in rosa e il rumeno Raducioiu già preso per il terzo posto si scelse il campione affermato Dragan Stojkovic al posto della scommessa argentina. Il presidente Mazzi dichiarò ai giornali dell'epoca: "Avevamo in mano il contratto, mancava solo la firma. Ma non era ancora quello che poi ha fatto meraviglie alla Coppa America". Il giocatore in questione si chiamava Gabriel Omar Batistuta, che da lì a poco sarebbe diventato proprio il capocannoniere della manifestazione sudamericana, facendo innamorare i Cecchi Gori che lo portarono a Firenze. Il resto della storia lo conoscete tutti...
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